Diario di padre Balducci in Uganda: Pasqua a Gulu

Pubblicato giorno 23 Aprile 2021 - Diario Missionario, In home page

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 Pasqua a Gulu

La Pasqua per noi significa la fine della stagione asciutta e l’arrivo del monsone, cioè davvero il ritorno alla vita.

Con sr Claudia, che si occupa di pastorale giovanile nella città di Gulu, ci siamo presi cura degli studenti di alcune scuole superiori. Anche con padre Elia abbiamo convenuto che alla fine sono loro il campo di apostolato più urgente. Tenendo conto che il 77 % della popolazione ugandese è sotto i 25 anni, si capisce quanto sia importante anche in Uganda rendersi disponibili per i giovani. Purtroppo quest’anno, a causa del Covid, il calendario scolastico è stravolto e al momento sono a scuola solo i candidati di sesta superiore e quelli del penultimo anno (terza e quinta superiore), così da non affollare eccessivamente le scuole. In realtà non cambia niente perché tutti sono stipati in alcuni dormitori (e non certo sparpagliati in tutti i dormitori esistenti) e il distanziamento sociale non esiste assolutamente.

La Domenica delle Palme ho così fatto il mio esordio in una scuola superiore femminile, Graceland, e nella scuola mista Sir Samuel Baker. In entrambi i casi si trattava della prima Messa da marzo scorso e dunque erano scontati sia l’entusiasmo palpabile e travolgente, che la disorganizzazione imperante.

Graceland è una scuola bellissima, di recente costruzione, e si prega nel grande refettorio con enormi tavolini pesantissimi e sedie di plastica da giardino. Quando si tratta di preparare la sala, un gruppo di muscolose ragazze si dan da fare a trascinare i tavoli lungo le pareti e ad impilarli con una tale buona grazia che mi domando quanto possano durare, lo stesso dicasi per le sedie che vengono più o meno lanciate una sull’altra. L’aspetto positivo è che tutto è pronto in men che non si dica. Il coro si siede alla destra dell’altare ed è composto da un nutrito numero di ragazze, parecchio disorganizzate, ma bravissime. In particolare alcune di loro cantano con una voce da basso così piena che è difficile credere che siano ragazze.

La comunità cristiana della scuola Sir Samuel Baker ha visto tempi migliori ma purtroppo ultimamente è stata trascurata perché i preti della cattedrale non trovano più il tempo per loro. La comunità è animata da un bravissimo insegnante di matematica, Mr. Mark Onyango e da Theopista, una ragazza di sesta. Le strutture sono ridotte male a causa dell’incuria e così la domenica della Palme è stata celebrata nel refettorio, un edificio veramente notevole ma ridotto malissimo, mentre poi ci siamo trasferiti nella grande hall che è una struttura impressionante per ampiezza e altezza, tutto sommato abbastanza in buone condizioni e col pavimento piastrellato! I banchi e le sedie, pesantissimi, sono di mogano! Purtroppo, accumulati proprio ai due ingressi, ce ne è una catasta di rotti, lasciati lì in attesa di tempi migliori. Il punto dolente dell’Africa è sempre la manutenzione delle cose; in realtà pensavo spesso a questo quando anche in Italia accadevano disastri dovuti alla noncuranza  delle opere pubbliche. Tutto il mondo è paese. In qualche modo mi risulta più facile gestire la comunità di Sir Samuel Baker perché più piccola e anche perché mista, mentre invece gestire le ragazze ugandesi è davvero un’impresa perché spesso indolenti e apatiche a causa di secoli di discriminazioni. Il tavolo-altare di Sir Samuel Baker è immenso e curato (come lo è di fatto anche a Graceland) e scortato da un grande crocifisso di cemento. Per la Domenica delle Palme avevano addobbato veramente molto bene con tante palme e fiori.

Le celebrazioni dei tre giorni di Pasqua si sono così alternate nelle due scuole anche perché un’altra scuola, Pope Francis, ha deciso di far tornare gli studenti a casa.

Come sempre, in ogni contesto e latitudine, il triduo pasquale è un’occasione di intensa preghiera. Come già vi ho detto qui il Covid NON SEMBRA essere un’emergenza e così, nonostante nelle scuole ci siano ovunque avvisi di indossare sempre e comunque le mascherine, nessuno in realtà lo fa. Questo SEMBRA non creare nessun rischio, anche se in realtà non è sempre così. Anzi, le ragazze ci son rimaste male quando ho detto loro che quest’anno non potevamo fare la lavanda dei piedi e che, in via eccezionale, lo avrei fatto solo a due di loro. Abbiamo piuttosto cercato di capire in profondità cosa Gesù voglia fare con questo gesto inaudito. In Uganda è forse più facile capire perché, prima anche di bere un bicchiere d’acqua, c’è sempre qualcuno (in genere una donna) che ti porge l’acqua per lavare le mani. Dunque si percepisce lo scandalo che questo venga fatto dalla persona più importante, che sia fatto DURANTE il pasto e che si lavino i piedi. Abbiamo cercato di capire la profondità che Cristo vuol raggiungere in noi e dove voglia risanare. Ci siamo anche soffermati sull’ultima parte del brano di Giovanni in cui Gesù chiede ai discepoli se hanno capito ciò che ha fatto loro; domanda a cui non riceve naturalmente risposta. Abbiamo sottolineato l’importanza del passaggio in cui Gesù rettifica la fede dei discepoli nel Maestro e Signore, chiarendo che proprio con questo gesto inaudito Egli si rivela prima come Signore e poi, anche, come Maestro. Anche noi siamo chiamati a fare questo salto nella nostra comprensione di fede. Il venerdì santo l’ho vissuto intensamente a Samuel Baker, dove gli studenti han voluto celebrare sia la liturgia della Croce che al via Crucis. Visto il numero limitato dei partecipanti ho pensato che potessi osare farli venire davanti a trovare un batik del crocifisso, visto che non ero riuscito a trovare da nessuna parte un crocifisso decente.

Al mercoledì e al sabato mattina mi sono recato nelle due scuole per la confessione; naturalmente visto che non ci erano più abituati, non ho avuto grandi folle. Però devo dire che questo ha cambiato parecchio l’atmosfera anche perché avevo cercato di far prendere a ciascuno l’impegno di almeno 15 minuti di preghiera personale e quotidiana.

Nonostante la difficoltà e il timore di spostarsi alla sera soprattutto in questa zona che ha sofferto indicibilmente per la guerriglia folle di Kony per quasi 25 interminabili anni, visto che l’unico che avrebbe dovuto spostarsi ero io, abbiamo organizzato a Graceland la grande Veglia Pasquale.

Se le cose non fossero già state abbastanza complicate verso le 4 del pomeriggio è iniziato uno dei nostri acquazzoni tropicali che si è abbattuto con particolare violenza e abbondanza. Praticamente un’alluvione! E sembrava non smettere mai. Chi aveva già iniziato la celebrazione ha dovuto interromperla per più di un’ora. E così dalle 16 alla fine abbiamo iniziato la nostra preghiera attorno al fuoco alle 19. Naturalmente il fatto che fosse buio (come dovrebbe essere) rendeva tutto più significativo. Le ragazze hanno fatto una gran fatica a seguirmi nell’organizzare il tutto, ma alla fine eravamo più o meno pronti.

 

Qui in Uganda ancora si cucina col fuoco di legna per cui il ritrovarsi attorno al fuoco ha un significato più reale e meno folkloristico che in Italia. Ho spiegato loro il significato del fuoco nuovo, quando nel passato, quando i fiammiferi ancora non c’erano e il fuoco veniva conservato con attenzione nelle case, al venerdì santo ci si prendeva il rischio di spegnerlo e di riaverlo poi nuovo dal vescovo. Dal fuoco abbiamo poi acceso un mozzicone di cero pasquale e poi le ragazze hanno acceso dei minuti frammenti in cui avevano tagliato le candele in modo che tante potessero averne un pezzetto. Abituate al dolore nessuna si è lamentato per essersi bruciata. Con fatica hanno ascoltato alcune delle letture della veglia, visto che qui la gente non è granché abituata ad ascoltare e momenti di panico son stati il canto del Gloria e dell’Alleluja, quando la situazione era fuori controllo, tanto che il Gloria l’abbiamo canto tutto almeno tre volte. Ritrovare poi un po’ di concentrazione è stato assai difficile.

 

Pasqua a Gulu.

Pasqua significa battesimo per i catecumeni per i quali la Quaresima è il tempo di preparazione immediata al loro radicale cambio di vita. Il rito ambrosiano ancora conserva alcuni dei passaggi di questo cammino catecumenale. Ma per tutti è vita nuova, riscoperta profonda di un battesimo ricevuto magari tanto tempo fa ma che non perde efficacia. E così la benedizione dell’acqua – che qui è un bene assai prezioso sebbene l’Uganda di acqua ne abbia tanta- è stata assai solenne. Poi son passato in mezzo a loro per inondarle di acqua più che spruzzarle. Se il segno deve essere visibile, in Uganda mi posso permettere (e anzi la gente ne è felice) di letteralmente gettare addosso ai partecipanti un fiume di acqua col mazzetto di fronde che mi avevano preparato. Alla fine tutte ne hanno ricevuta abbastanza ed io avevo la manica completamente fradicia. Anzi la choir mistress, la direttrice del coro si è lamentata che lei non era stata aspersa e ha ricevuto una buona dose di acqua benedetta, dopo che ho fatto (solo) il gesto di rovesciarle addosso tutto il secchio, al che tutte hanno riso un sacco.

Ancora un momento di grande eccitazione è stato quello dell’offertorio, dove anche le ragazze portano quel poco che hanno.

Visto il cammino fatto molte più ragazze del previsto son venute per la Comunione, nonostante avessi fatto una stima che pensavo essere abbondante. E alla fine alcune hanno ricevuto solo un frammento di Gesù.  Qui siamo tutti abituati a condividere e gioire della condivisione.

Alla fine della Messa, inaspettatamente per me, le danzatrici son entrate dal fondo del refettorio-chiesa, senza che io potessi vedere visto il buio, portando dei cestini con banane gialle, ananas, passion fruit e avocados che erano il loro dono per me e che ho condiviso coi nostri studenti che certamente hanno più appetito di me. E dopo la Messa il caos. Le ragazze si son buttate in danze sfrenate fino a chissà che ora. Io che ero sfinito e che già ero uscito dalla sala ho pensato bene di tornare indietro e buttarmi almeno un momento in quella bolgia, così che tutte potessero vedermi e poi defilarmi alla chetichella per un meritato riposo.

Anche perché al mattino alle 8 avremmo avuto la messa del mattino sia a Graceland che a Samuel Baker. Con mia grande sorpresa le ragazze nonostante la lunga notte avevano ancora voce (tanta) ed energia (troppa).

Ho pensato bene in entrambe le scuole di drammatizzare un po’ gli eventi del Vangelo imitando il trambusto della scoperta della tomba vuota e raccontando una storia per cercare di capire il significato della Resurrezione nella mia vita, personalmente. Anche gli studenti di Samuel Baker hanno avuto la loro bella porzione di acqua. Mi era anche stato richiesto di benedire i candidati, tra loro, di sesta che avrebbero cominciato gli esami il venerdì dopo Pasqua. Alla fine abbiamo ricevuto l’Eucarestia ed è stato importante importante farlo dopo aver accompagnato Gesù nelle ore più difficile della Sua vita; questo ci aiutava tanto a capire il valore E IL COSTO del dono che gratuitamente ricevevamo.

Tornando a casa ho pensato di allungare un po’ attraversando la città che mi aspettavo di trovare deserta e che invece –pur se assai meno trafficata del solito- era business-as-usual con tanti negozi e il mercato aperti. Un vero peccato che molti non potessero neanche il giorno di Pasqua stare in pace con la loro famiglia. Ma la sopravvivenza (per molti) e la sete di guadagno (per alcuni) hanno la meglio purtroppo.

Mentre all’inizio della settimana avevo cercato di combinare il pranzo invitando la piccola comunità che vive presso il grande ospedale di Lacor, comunità provata dalla morte per Covid del grande fratel Elio Croce, il postulato (seminario) dei fratelli aveva organizzato per noi, per i fratelli di st Martin de Porres e per le Sacred Heart Sisters un pranzo succulento. Dunque…via di corsa a casa dov’ero aspettato. Da Lacor è venuto anche l’amco di sempre, padre Carmelo del Rio, comboniano spagnolo al momento missionario in West Nile ricoverato a Lacor con mezza faccia tumefatta. Grazie a Dio si è capito che ha un Herpes, cosicché ha potuto iniziare una terapia adatta, e anche se il dolore è ancora fortissimo, adesso riesce a socchiudere un occhio. Speriamo che tutto vada bene e che l’infezione non si propaghi ulteriormente.

Cappellina del centro

Il Sabato Santo è stato portato a Lacor anche p Guido Cellana, uno dei nostri grandi missionari, uno dei tanti che s’è beccato una pallottola durante gli anni della guerra, dopo che era riuscito a parlare (e pregare) con alcuni guerriglieri. Nonostante la sua verde età è ancora molto attivo e in seguito ad una brutta caduta si è incrinato il femore. Purtroppo i noi missionari europei stiamo diventando mosche bianche e vecchi anche se per fortuna ci sono tra noi molti missionari africani e latino americani giovani. La Pasqua è stata anche l’occasione per pregare perché qualche giovane italiano si dia una mossa per continuare a portare avanti queste cose meravigliose in missione.

Afoyo ocer pa Yesu!

Buona Pasqua,

  1. Maurizio Kamugisha
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