Partire per seminare speranza

Pubblicato giorno 19 Settembre 2025 - Campi Estivi CMSI, CEM Venezuela 2025, In home page, in primo piano

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Negli scorsi mesi di luglio e agosto sei ticinesi sono partiti alla volta del Venezuela come volontari per partecipare a un campo estivo organizzato dalla Conferenza missionaria della Svizzera italiana. Sono stati ospitati dalla finca (fattoria) El Porfin di El Socorro, fondata – assieme a una scuola – da don Angelo Treccani, missionario ticinese che da oltre un quarantennio è attivo nel paese latinoamericano. Fra i volontari (che hanno, in particolare, animato una colonia per bambini e ragazzi del posto) c’è chi è rimasto oltre un mese e chi due settimane. Assieme hanno condiviso gioie e fatiche, soddisfazione e impegno.

Ecco qualche riflessione sull’esperienza. Se c’è un luogo che riassume in sé tutte le caratteristiche della vera periferia è sicuramente El Porfin: piccolo, povero, lontano da tutto. Che senso ha, dunque, partire dalla nostra realtà, affrontare un viaggio lungo e disagevole e trascorrere sole due settimane delle proprie vacanze assieme a un gruppetto di bambini e ragazzi? Ne vale veramente la pena? Cosa ci spinge a farlo?
Una prima risposta l’ha data don Angelo stesso, presentandoci ai piccoli partecipanti al “campamento”. «Questi amici svizzeri – ha detto – hanno scelto di essere qui, invece di starsene su una spiaggia a riposare. Non lo hanno fatto, però, perché sono particolarmente buoni, ma perché esperienze come questa li fanno star bene. Perché la via della felicità passa per il servizio e per l’incontro con l’altro. Del resto il Vangelo ce lo ripete continuamente». È vero, anche se forse qualcuno potrà offendersi leggendolo: una delle principali motivazioni verso il volontariato è certamente una buona dose di sano egoismo, che ci spinge a cercare il benessere interiore tendendo la mano al prossimo. Già il gesto in sé ha un che di terapeutico, poi amplificato dal fatto che quella stessa mano non torna mai vuota a noi. Anzi: dare dieci in umanità vuol dire esser già sicuri in partenza che si riceverà almeno cento in cambio. Se non è una buona motivazione questa…

Poi ci sono il desiderio dell’incontro e di ampliare i propri orizzonti. «Anche stando qui, hai la possibilità di conoscere nuove persone», potrebbe obiettare qualcuno. Certamente. Ma non è la stessa cosa. Partire vuol dire avere la conferma di due verità apparentemente in antitesi fra loro: siamo tutti diversi e siamo tutti uguali. Ed è un arricchimento senza pari scoprire che si può vivere la stessa vita ma in modo differente (a El Porfin – spesso senz’acqua, senza elettricità, senza internet… – abbiamo davvero sperimentato quel che è veramente essenziale), ma che poi – in fondo – tutti gioiamo o soffriamo per le medesime cose. Un’apertura che alleggerisce il cuore e, soprattutto, un patrimonio che permette di tornare rinnovati alla propria realtà, vedendola con occhi diversi e mettendo l’accoglienza al primo posto.

Viaggi come questi sono, insomma, due sguardi che si incontrano e che si arricchiscono a vicenda. Noi abbiamo portato in valigia un po’ del nostro mondo e loro ci hanno aperto il proprio. Lì abbiamo scoperto che in una terra apparentemente arida (dove a far le spese di una situazione politico-economica difficile e a dir poco complessa è, come sempre, la popolazione più fragile) già molti semi attendono di germogliare. Anche negli angoli più remoti. Bisogna solo che qualcuno se ne prenda cura. A questo, talvolta, può servire lo sguardo dell’altro. Ad accorgersi che le risorse ci sono e che il passo successivo è quello di attivarsi per metterle a frutto, senza aspettare un aiuto istituzionale che praticamente non esiste. È un discorso che don Angelo sta portando avanti da quarant’anni e i risultati – anche se piccoli e lenti – cominciano a vedersi. A noi è sembrato importante accompagnare i più giovani in un minuscolo tratto di strada, con la speranza che ora qualcun altro – qualcuno di laggiù – li prenda a sua volta per mano per continuare su un cammino che saranno loro a dover tracciare, disegnando il proprio futuro.

Barbara Gianetti Lorenzetti

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